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martedì 19 agosto 2014

Insegnare ai propri figli: l'homeschooling come scelta

La puntata di Fahrenheit del 14 agosto ha trattato un’interessante questione: cos’è l’educazione parentale? Quali ragioni possono spingere dei genitori a non mandare i propri figli in una scuola ma educarli a casa propria?
La trasmissione è molto interessante e cerca di presentare le ragioni di chi condivide questa scelta radicale (più diffusa di quanto non si pensi) e di chi, invece, la critica.
Tra i partecipanti alla trasmissione c’era anche Dario Ianes al quale, credo, sia stato dato troppo poco spazio (due soli interventi, il secondo dei quali anche un po’ tagliato dal conduttore). Peccato perché era il maggiore esperto di problemi educativi tra i presenti.
Cerco di dire la mia sulla questione. Ci sono due aspetti che mi hanno molto colpito nella discussione.
Il primo è la sfiducia nella scuola. Non nella scuola statale, si badi bene, quanto nella scuola in genere. Questi genitori dicono di aver cercato una scuola che rispondesse al proprio modello educativo e di non averla trovata e, per questa ragione, hanno preferito educare loro i propri figli avendo così la garanzia di farli crescere nel rispetto dei propri valori.
Il secondo aspetto riguarda, invece, il fatto che dei genitori si ritengano in grado di svolgere adeguatamente un lavoro (quello del docente) che richiede delle competenze, dei saperi, dei percorsi di formazione. Sembra quasi che basti la fede in alcuni valori educativi ed un po’ di buon senso per insegnare le lettura, la scrittura, la matematica, la storia, le scienze, la geografia, ecc.
Trovo preoccupanti entrambi gli aspetti. Il primo sembra una forma di integralismo che rifiuta il confronto con la diversità e si chiude piuttosto all’interno di un modello monolitico e che ha il suo maggiore difetto nel privare il bambino di importanti esperienze di socializzazione.  Nel secondo vedo poi una profonda svalutazione del sapere dei docenti: ognuno può improvvisarsi docente. Non credo che qualcuno potrebbe affermare con la stessa tranquillità di poter curare da solo i propri figli malati! Purtroppo è molto diffusa, nel senso comune, questa scarsa considerazione delle competenze psicologiche, pedagogiche, comunicative, relazionali, metodologiche, tecnologiche, culturali richieste dalla professione docente.
Credo che sia nostro compito, invece, valorizzarle al massimo.





Fahrenheit del 14 agosto 2014

Insegnare ai propri figli, l'homeschooling come scelta




2 commenti:

  1. Caro dottor D’Orazio, ringraziandola per lo spunto di riflessione, vorrei dare un mio piccolo contributo all’argomento di cui tratta ed eventualmente ad una futura discussione.
    1. La svalutazione e la delegittimazione dei docenti non è qualcosa di isolato o di estemporaneo, bensì, è stata, ahimè, fortemente sostenuta dalle amministrazioni centrali che a dispetto di encomiabili discorsi bipartisan sull’importanza della figura dell’insegnante nella società contemporanea, ne hanno, di fatto e concretamente, compromesso l’immagine al punto tale che i bambini per primi, legittimamente, non riesco più a vedere nell’insegnante un modello di vita. Si provi a chiedere ad un qualsiasi studente cosa vuol fare da grande. Le risposte a cui eravamo abituati erano: la maestra, il veterinario, il medico, l’infermiera, l’astronauta. Adesso scopriremo, probabilmente senza troppa sorpresa, che i ragazzi vogliono diventare calciatori, cantanti e ballerini. Niente di male nel voler coltivare un talento, ma di certo una società non può essere composta esclusivamente di personaggi dello show business. Perché non identificarsi con il maestro allora? Semplice: chi vorrebbe avere una macchina demodé, dei vestiti non firmati, una professione senza carriera? Tutto questo “ben di Dio” guadagnato con anni ed anni di studio, concorsi, corsi di aggiornamento, precariato, gavetta..

    2. Secondo Elio Damiano l’insegnante è portatore di un codice etico che nonostante tutto quello che accade nella “società liquida” pare resista e sopravviva per una sorta di “tradizione orale” che si perpetua nei corridoi delle scuole. La verità, o il punto sarebbe meglio, è che per quanto questi valori appartengano alla cultura italiana da secoli e spesso siano fortemente radicati nella tradizione cristiana (la famiglia, la solidarietà, la fratellanza, l’uguaglianza, etc) sono allo stesso tempo messi puntualmente in discussione dai messaggi veicolati dai mass media e i cui protagonisti hanno le estrazioni più eterogenee. Se un furbo, un ladro, un farabutto diventa famoso, ha donne, macchine, soldi e potere, se magari diventa ministro ha davvero valore un “valore” quale l’onestà? Si parla a tal proposito di fallimento del “programma istituzionale”. Una “ritirata” delle istituzioni che hanno concesso una certa autonomia alle scuole in cambio però di quella sicurezza che era tipica della società prima dell’avvento dei computer, quando certe “cose” non si mettevano in discussione e il percorso della vita non era privo di punti fermi, di cartelli che indicavano la strada, distinguendo chiaramente ciò che era “buono” da ciò che era “cattivo”, il “male” dal “bene”. Quindi sarebbe interessante chiedere ai genitori quali sono i loro valori e quali invece quelli interpretati dai docenti.. quindi se davvero ci sono dei valori. Per definizione infatti il “valore” è qualcosa di condiviso, se non universalmente, almeno da tutta la comunità.

    3. L’iperprotettività che caratterizza i genitori di oggi è nel breve lungo periodo sicuramente deleteria giocando a discapito di un sano sviluppo cognitivo, ma soprattutto emotivo, del fanciullo. Si tratta di portare sul palcoscenico del mondo degli adulti che però sono ancora bambini perché non hanno mai affrontato, in maniera graduale e guidata, possibilmente sotto la guida di un formatore esperto, quelle che sono le piccole grandi difficoltà che la vita ci porta ad affrontare. Il prodotto non potrà essere che individui dotati di un Io ipertrofico e di un fragile narcisismo che torneranno a casa o, peggio, annegheranno sotto il primo temporale estivo (ammesso che esista ancora l’estate:). Vorrei fare, concludendo e scusandomi se mi sono dilungato, due citazioni che mi sembrano piuttosto pertinenti:

    “Una nave in porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite.” (Benazir Bhutto)
    “Il mondo è un libro e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina” (Sant’Agostino)

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    1. La ringrazio del suo intervento. L'aspetto che maggiormente mi spaventa, comunque, nell'home schooling è l'evitamento della diversità: adulti diversi (i docenti), contesti diversi (la scuola) bambini diversi (i compagni), saperi diversi (quelli della scuola pubblica). Una forma di vero e proprio integralismo (oltre che di dilettantismo: la scuola è una cosa banale, posso farla anche io...)

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