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venerdì 21 novembre 2014

L’istinto di narrare


Ho appena terminato di leggere un libro che consiglio a tutti.
La tesi di fondo del libro è che l’uomo è un animale che ama narrare perché ha un istinto profondo che lo spinge a creare e raccontare storie; questo istinto costituisce una delle principali funzioni che ha guidato l’ evoluzione del genere umano. Attraverso la costruzione di storie gli uomini costruiscono il significato di ciò che accade loro intorno, spiegano e interpretano la propria e l’altrui vita e condividono con gli altri queste loro interpretazioni.
Tutti noi sappiamo quanto i bambini amano costruire storie nei propri giochi di finzione e quanto amano farsi narrare le favole dai genitori attraverso il racconto o la lettura ad alta voce. Questa passione per le narrazioni non scompare con l’infanzia ma rimane anche in età adulta manifestandosi in altre forme: nella lettura di romanzi, nella visione di film e di fiction televisive, nelle sceneggiature dei reality show, nella pubblicità, nella comunicazione dei politici, nei videogiochi, nelle canzoni e nella musica che ascoltiamo. Un intero capitolo del libro è dedicato ai sogni che sono tutti, in realtà, delle storie che il nostro cervello costruisce nel corso del sonno. Creiamo storie, cioè, anche quando dormiamo. Insomma, secondo Gottschall, Le storie sono il collante della vita sociale umana, definiscono i gruppi e li tengono saldamente uniti. Viviamo nell’Isola che non c’è perché non possiamo farne a meno. L’Isola che non c’è è la nostra natura…. Siamo l’animale che racconta storie … Le storie sono per l’uomo ciò che è l’acqua per i pesci”.
È indubbio, secondo Gottschall, che la passione per le storie abbia svolto un ruolo importante nella nostra storia evolutiva perché altrimenti la logica utilitaristica della selezione l’avrebbe eliminata non potendo consentire la grande quantità di tempo ed energia che dedichiamo nella nostra vita al narrare.
Ma allora da dove nasce il piacere di narrare? E a che cosa ci è servito? Gottschall ci conduce, attraverso una lunga camminata che attraversa i territori della psicologia, della letteratura, dell’antropologia, delle neuroscienze, ad individuare le funzioni della narrazione: organizzare e trasmettere informazioni, rafforzare la coesione dei gruppi attraverso la condivisione di valori comuni. Ma nel compiere questo percorso ci fa capire come dietro ogni storia avvincente c’è un ostacolo: una situazione difficile, un problema intricato, una condizione che genera inquietudine, sofferenza o paura.
“Esistono strutture di base comuni a tutte le storie di tutto il mondo. Già questo è davvero incredibile: se chiedi a una persona di buona cultura se pensa se tutte le storie si somiglino o meno, probabilmente ti risponderà di no, che è impossibile generalizzare, che sono tutte così diverse, le storie. La verità però è che le storie sono molto prevedibili, hanno tutte la stessa struttura di base. Le storie hanno sempre un protagonista che deve superare un ostacolo, che vive una situazione difficile, che ha un problema nella sua vita. E che prova a risolverlo. Le storie sono sempre la narrazione di una soluzione”.
Di qui l’idea di fondo del libro: “La finzione, espressa con qualunque mezzo narrativo, è un’antica e potente tecnologia di realtà virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana”: ed è vantaggiosa perché la vita, specialmente la vita sociale, è profondamente complessa e le poste in gioco sono alte. “La finzione consente al nostro cervello di fare pratica con le reazioni a quei generi di sfide che sono, e sono sempre state, le più cruciali per il nostro successo come specie”.  Le narrazioni svolgerebbero la stessa funzione che i simulatori di volo svolgono per l’addestramento dei piloti: sperimentare le situazioni complesse da affrontare poi nella vita di tutti i giorni. Si tratta quindi di una potente macchina virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana e ci attrezza ad affrontarli, rendendoci così più adatti alla vita sociale.
Gottschall non è uno scienziato, ma un docente universitario di letteratura che però ha collaborato spesso con ricercatori nei campi della biologia, delle neuroscienze, della psicologia. Questa sua molteplicità di interessi rende il suo lavoro un testo avvincente la cui lettura costituisce un’esperienza molto gradevole per lo stile con cui è scritto, stile tipico della grande divulgazione anglosassone.
Le tematiche del libro sono tutte molto interessanti e meritano sicuramente di essere approfondite da parte di chi, come il sottoscritto, si occupa di scuola e di educazione. Accenno ad un paio di sentieri da percorrere segnalando dei punti di partenza.
Il primo sentiero può partire dall’opera di Jerome Bruner: La fabbrica delle storie e ci conduce a riflettere su come le narrazioni ci aiutano a costruire il significato delle nostre esperienze e sulla funzione del “sapere narrativo” e di quello “paradigmatico”.
Il secondo sentiero, che propongo di imboccare partendo da una conversazione radiofonica con Carlo Rovelli, percorre invece i territori dei rapporti tra scienza e narrazione.
Buona passeggiata a voi tutti! 

1 commento:

  1. Grazie per gli interessanti suggerimenti di lettura!
    Vorrei aggiungere un terzo sentiero da percorrere, anche se un pò datato; si tratta di "Sei passeggiate nei boschi narrativi" di Umberto Eco. Nel testo l'autore indaga le diverse aspettative e modalità con cui leggiamo i romanzi. Uno stimolo per diventare sempre più lettori consapevoli!

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