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lunedì 29 dicembre 2014

Il tema e il corsivo. Due discussioni sulla scrittura


Un paio di temi di discussione apparsi sulla rete e nei quotidiani negli ultimi giorni ci spingono a riflettere  sull’insegnamento della scrittura a scuola.

La prima discussione riguarda il tema. Aperto da un intervento di Francesco Dell’Oro sul Corriere della Sera (La scuola che non sa scrivere), pone l’attenzione sul fatto che le persone della generazione dell’autore (che è il responsabile del Servizio di Orientamento Scolastico del Comune di Milano) non sanno scrivere. E propone perciò l’abolizione del tema in classe e la sua sostituzione con dei laboratori di scrittura. “È così difficile avviare nelle nostre scuole un laboratorio di scrittura? Non costa nulla. Facciamolo! Ma quattro o cinque volte al mese e con due momenti di valutazione nel quadrimestre. L’obiettivo non è quello di misurarli a ogni tentativo di scrittura, ma di appassionarli a questo esercizio. Vivaddio, che si tengano sul banco quello che vogliono. Devono imparare a scrivere! A tritare e a sbrogliare le informazioni. Che è poi quello che facciamo, ogni volta, noi adulti quando dobbiamo preparare un articolo, scrivere un libro o altro.

Gli ha replicato Armando Massarenti su Il Sole 24 Ore (Col tema si impara a ragionare) difendendo, invece,  l'importanza dell'argomentazione, della logica, che sarebbero al centro del tema, di contro alla creatività che si vorrebbe sviluppare nei laboratori di scrittura.
La discussione, francamente, non mi ha entusiasmato. Vi ho ritrovato tesi ed argomentazioni vecchie di decenni lontanissime da quelli che sono gli approdi della ricerca didattica sulla produzione scritta. Credo che il problema sia quello che ho segnalato in altri post di questo blog: la mancanza in molti interventi della stampa e della rete di una cultura scientifica delle cose dell’educazione. Se la discussione, invece di vertere su di una questione didattica avesse riguardato una questione sanitaria o economica o tecnologica credo che si sarebbe richiesto il parere di un esperto, di qualcuno cioè che opera nel settore e che, soprattutto, ha fatto e fa ricerca. Questo non accade praticamente mai quando si parla di scuola. Ecco perché gli interventi nelle discussioni sono spesso di una banalità disarmante.
Più vivace la discussione sul corsivo. Il pretesto è stato fornito dalla notizia, in parte erronea, che in Finlandia è stato abolito l’insegnamento della scrittura in corsivo nella scuola. La questione non è nuova. Già altri paesi si sono orientati nella stessa direzione della Finlandia ritenendolo un oggetto antiquato non più funzionale e perciò inutile. Particolarmente radicale a questo proposito, la posizione di Italo Farnetani pediatra ed esperto del mondo dei bambini e del loro linguaggio. “Dal punto di vista psicopedagogico i bambini hanno bisogno per crescere che ci sia una continuità tra lo stile di vita, la relazione con l’ambiente e quello che gli viene proposto a scuola. Se il corsivo ormai non esiste sui libri che leggiamo, né sul computer, né su Internet, né sugli smartphone, né sui social network, perché usarlo a scuola?”.
Naturalmente ci sono molti che, invece, si sono schierati in difesa dell’insegnamento del corsivo rilevando l’importanza dell’apprendimento del corsivo nello sviluppo psicologico e cognitivo dei bambini e segnatamente “quanto sia cruciale nella crescita, nel rapporto occhio-mano, nella sequenzialità delle parole che si riflette in sequenzialità del pensiero, nell’originalità del tratto e nelle competenze di analisi e sintesi in rapida sequenza. […] Ha una valenza profonda nell’acquisizione di competenze basilari di ordine cognitivo e psicomotorio e di abilità manuali e di pensiero”. (Bye bye, corsivo. E l’America si divide).
Personalmente non ho una posizione ben definita in materia perché non sono un esperto di insegnamento di scrittura ai bambini. Ho solo il ricordo della fatica che ho fatto ad imparare a scrivere in corsivo (ho ancora una pessima grafia come mi dicevano i miei genitori e mi ricordano ancora il DSGA e gli assistenti amministrativi della scuola quando devono leggere ed interpretare i miei appunti scritti a mano). Ma conservo ancora il gusto dello scrivere con la stilografica, su carta di qualità e, soprattutto, mi fa tanto piacere quando ricevo un biglietto di auguri o di saluti scritto a mano. Mi hanno perciò molto colpito le osservazioni contenute in un interessantissimo sito, Scrittura Corsiva, di Monica Dengo.
Ma mi sembra giusto affidarmi agli esperti. Cosa dicono i docenti della primaria in proposito?

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