Elenco blog personale

giovedì 16 aprile 2020


La scuola intubata


Bellissimo l’articolo di Alberto Melloni, Il corpo del docente, che compare oggi su Repubblica.
Melloni si occupa ogni tanto di scuola. All'inizio dell’anno scolastico un suo intervento (“Cara prof., le dico solo grazie”) l’ho indirizzato come messaggio di augurio a tutto il personale docente di Chieti 4 e San Giovanni Teatino.
Oggi interviene sulla didattica a distanza e dice cose molto interessanti alla luce anche della sua esperienza di docente del sistema universitario (è infatti ordinario di storia del cristianesimo nell'Università di Modena-Reggio Emilia) che già da tempo la utilizza e, quindi, ne conosce limiti e potenzialità.
L’articolo parla di corpo, appunto, di quella di fisicità che è alla base della relazione educativa e che il distanziamento sociale ha eliminato.
Parla anche del fatto che la didattica a distanza piace molto a chi ha una concezione trasmissiva del sapere, fatta di pillole pre-confezionate da spedire al destinatario.
Ma, soprattutto, sottolinea come fa parti eguali fra diseguali. Non è un caso che usi quest’espressione: Melloni ha infatti curato l’edizione nella collana “I Meridiani” delle opere di don Lorenzo Milani. La didattica a distanza, infatti
rende plastica la distanza fra i figli dei ricchi (con la loro stanzetta singola, la fibra, l'iPad e la carta di credito già pronta per andare a una università vera) e i figli dei poveri a cui il ministero è riuscito a far giungere un tablet la cui webcam racconterà una cucina affollata di fratelli e adorna di angosce (e l'approdo al mondo opaco delle università telematiche e dei corsi telematici nelle università vere). 

Non è questa la vera rivoluzione digitale che può fornire valore aggiunto alla scuola. Deve avere altre caratteristiche.
Tocca e toccherà anche il sapere costruito: ma sa che il sapere si costruisce solo nella relazione. Anziché insegnare in una distanza che riduce il confronto a chat, il pensiero a "pillola", la verifica a e-Proctoring, sa che l'aula è il luogo in cui si formano scienza e coscienza critica, necessarie a possedere competenze e tecnologie che domani saranno necessarie sul lavoro e che oggi decidono della felicità, della democrazia e della salute - come dimostrano i cyberdepressi, i sovranisti e i no-vax.

Del resto la ricerca educativa ci ha ampiamente dimostrato come non è la tecnologia digitale in sé a fare la differenza ma la strategia formativa che la tecnologia stessa implementa.

La trasformazione digitale è dunque strumento necessario nella scuola e nell'università. Come lo era la lavagna ai tempi di De Amicis; ma come la lavagna è e resta strumento. Se sulla lavagna ci scrive Carlo Rubbia o un mediocre imbarcato ope legis, c'è una bella differenza. Se di fronte alla lavagna c'è un ceto filtrato dalle leggi razziste oppure una comunità costituzionalmente "aperta a tutti", cambia molto.

Dunque sono fondamentali le intenzionalità educative e le competenze pedagogiche di chi utilizza lo strumento tecnologico. E questo riguarda quella comunità educante che con grande fatica le nostre scuole stanno cercando di mantenere vive.

La "comunità educante" - che tornerà protagonista con buona pace di quelli che "una lezione a distanza è per sempre" - è il luogo in cui la Repubblica usa ogni strumento necessario per offrire a tutti pensiero critico e rimuove gli ostacoli "che di fatto impediscono" a tutti quella formazione.

Ma è soprattutto la conclusione dell’articolo che mi ha molto colpito.

Non è escluso che il prossimo anno scolastico si debba ricorrere ancora all'insegnamento a distanza, che è stato il modo di intubare la socialità educativa soffocata dalla pandemia. Ma nessuno vuol vivere intubato. Nemmeno il pianeta-educazione in attesa di una transizione che faccia distinzioni necessarie a non fare errori gravidi di conseguenze.

Condivido molto queste lucide considerazioni di Melloni. L’esperienza della didattica a distanza ci presenta delle opportunità ma anche dei rischi rispetto alla scuola che riprenderà dopo l’emergenza. Se sarà migliore o peggiore non dipenderà, comunque, dalla quantità di dispositivi digitali di cui disporrà, ma dalle finalità educative che orienteranno le sue scelte.

Nessun commento:

Posta un commento