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domenica 21 settembre 2014

A proposito di inclusione

Capita a volte che un’espressione, una frase all’interno di una conversazione illumini un’idea che avevamo già da tempo, che avevamo già percepito ma che non riuscivamo ancora ad esprimere.
Qualcosa di simile mi è capitato qualche giorno fa. Due genitori sono venuti a ringraziarmi per come era stato accolto il proprio figlio disabile all’interno della nostra scuola. Mi hanno, in particolare, detto che erano rimasti molto colpiti e commossi dal comportamento spontaneo delle docenti che non hanno avuto bisogno di tante spiegazioni e suggerimenti su come loro stesse e la classe  avrebbero dovuto comportarsi all’ingresso del bambino: con la massima naturalità lo hanno fatto entrare nell’aula e lo hanno  inserito nelle varie routine e nelle varie attività facendolo sentire come se da sempre fosse parte integrante di quel gruppo.
Le parole di quei genitori hanno portato alla mia consapevolezza alcune idee che già da tempo mi giravano per la testa ma che non ero ancora riuscito ad esprimere bene. La prima è che l’inclusione consiste in un modo d’essere piuttosto che in una serie di misure organizzative e di precetti comportamentali. 
La seconda riguarda il “clima” della scuola – intendendo per clima non certo le precipitazioni e la temperatura ma le relazioni tra i bambini, tra gli adulti e tra questi e i bambini. È la qualità di queste relazioni che rende inclusiva o non inclusiva una scuola. 
La terza idea concerne, infine, la cultura di una scuola: è costituita da quelle convinzioni, spesso inconsce, che influiscono sulle relazioni e sui comportamenti, che forniscono loro i significati con i quali i membri della comunità (alunni, docenti, ATA, genitori) li interpretano. La cultura di una scuola è diversa da quella di un’altra, si forma nel tempo, condiziona in maniera determinante il clima che si respira.

I genitori con cui ho parlato mi hanno fatto capire che nella loro percezione la scuola che dirigo si sta dimostrando davvero inclusiva. È uno dei migliori complimenti che abbia mai ricevuto per la mia attività professionale. Ma il merito non è solo mio: è soprattutto del personale docente ed ATA, dei bambini e di tutti i genitori che sono convinti che una scuola davvero inclusiva sia la migliore per i propri figli.

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