(immagine da la Scansione.net)
Leggo sul blog “Scuola
di vita” un post dal tono sgradevole che commenta qualcosa che constato da
tanti anni: l’emozione dei genitori quando accompagnano i propri figli il primo
giorno di scuola primaria. Anche io ho visto spesso mamme e papà commossi ma
non credo proprio che l’interpretazione giusta sia quella che viene fornita da
chi ha scritto il post (“… dietro ai lacrimoni genitoriali c’è forse
anche una generazione un po’ immatura, che si mostra appunto fragile e
vulnerabile piangendo a dirotto al posto dei bambini e rubando in qualche modo
un ruolo che spetterebbe a loro”).
L’ingresso nella primaria,
infatti, rappresenta un importante momento di passaggio per il bambino che
inizia un percorso nuovo, molto importante per lui. Anche se la grande
maggioranza dei bambini italiani – come proprio in questi giorni ci segnala
l’OCSE - ha già vissuto un’esperienza pluriennale nella scuola dell’infanzia,
l’ingresso nella nuova realtà costituisce comunque una “rottura” rispetto al
passato, un evento che segnala il passaggio ad una fase diversa della vita. Si
entra, infatti, nella scuola del leggere e dello scrivere, del far di conto,
delle acquisizioni degli strumenti che danno accesso al sapere codificato. Si
conoscono nuovi compagni, nuovi adulti. Ci si accosta ad un ambiente di
apprendimento strutturato in maniera molto diversa rispetto a quello del
passato, con spazi più grandi, con tempi più scanditi, con regole differenti. Il
bambino deve affrontare dei nuovi compiti di sviluppo nei quali la scuola svolge
un ruolo cruciale: acquisire competenze importanti per il suo futuro, cominciare
a passare dal mondo della famiglia a quello dei pari, scoprire il piacere
dell’attività intellettuale, dell’essere produttivi, dell’imparare qualcosa per
sviluppare un senso di competenza.
Le scuole, con i propri percorsi
di continuità, aiutano i bambini nel passaggio tra le due realtà, ma le
differenze tra infanzia e primaria restano e credo che sia giusto così perché
si cresce solo se si vive e si prova il cambiamento. Il bambino è consapevole del
fatto che deve sostenere la sfida del nuovo che l’attende e la vive con un
misto di curiosità, fiducia e preoccupazione. Per questo è importante che gli
adulti (docenti e genitori) gli siano vicini in questa fase, rassicurandolo e
sostenendolo. Questo ci aiuta a capire perché sia necessario ritualizzare il
primo giorno di scuola, trasformarlo in una festa, inserirlo cioè in una
narrazione che aiuti il bambino a viverlo serenamente, con la presenza incoraggiante
e protettiva degli adulti.
Ma questo evento
rappresenta un importante momento di passaggio anche per i genitori.
Io credo che essere
genitori sia un lungo, continuo e
ininterrotto apprendistato per imparare l’arte di essere madre e padre, che sia
un processo attraverso il quale si impara a prendersi cura e a rispondere in
modo adeguato ai bisogni dei figli. Bisogni che sono estremamente
diversi e che cambiano a seconda della fase evolutiva: non si può essere
genitori sempre allo stesso modo perché è necessario assolvere impegni
differenti e adottare modalità comunicative e interattive diverse secondo l’età
dei figli. Tutto ciò implica, perciò, la capacità dinamica di “rivisitare”
continuamente il proprio stile educativo, affrontando in modo funzionale i
cambiamenti che la vita e la crescita dei figli portano con sé. Si deve crescere
continuamente perciò anche come genitori accompagnando i propri figli nel loro
percorso di maturazione e assumendo nuove responsabilità e nuovi compiti.
L’ingresso del proprio
figlio nella primaria modifica perciò anche il loro ruolo perché d’ora in poi
avranno a che fare con un bambino che ha bisogno di nuove cure ed attenzioni. Dovranno
aiutare i figli ad avere una maggiore consapevolezza di sé, delle proprie
capacità e risorse, a saperle utilizzare, esprimere, controllare, a saper
vivere e condividere con gli altri. Anche per i genitori, cioè, inizia una
nuova sfida posta dal cambiamento.
È perciò giusto e
comprensibile che anche loro siano emozionati nel vivere questo momento, questo
rito. Ed è normale che queste emozioni si manifestino anche esteriormente
perché non ritengo che ci si debba vergognare delle emozioni che si provano. Non
mi ritrovo proprio perciò con chi vede nella loro commozione un comportamento
da immaturi bamboccioni. Lo considero piuttosto un giudizio grossolano e
offensivo.
Da parte mia, piuttosto,
cerco tutti gli anni di essere presente nelle classi prime il primo giorno di
scuola perché ritengo che sia importante per un dirigente scolastico salutare non solo i bambini ma anche i
genitori ed augurare ad entrambi un felice e sereno percorso nella scuola
primaria.
Buon anno scolastico a
tutti!
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