I rapporti tra il mondo
dell’università e quello della scuola non sempre sono stati facili. Parlano due
linguaggi diversi, seguono due logiche differenti ma hanno necessità di
dialogare perché hanno bisogno l’una dell’altra. L’università ha bisogno della
scuola perché i suoi studenti, per formarsi adeguatamente, devono svolgere dei
tirocini e delle ricerche all’interno di contesti educativi reali e non solo di
laboratorio; la scuola ha bisogno dell’università per acquisire conoscenze e
competenze nuove. Se il rapporto tra le due non funziona non si produce
innovazione: quanto viene elaborato dalla ricerca educativa e didattica
nell’ambito dell’università non penetra nella pratica educativa quotidiana,
resta confinato nei libri, negli
articoli delle riviste specializzate o negli atti dei convegni. Eppure c’è un
forte bisogno di innovazione, di cambiamento cioè che non si limiti solo a
poche esperienze emblematiche ma incida sul concreto fare scuola: i processi sociali e culturali cui assistiamo in questi ultimi anni spingono continuamente il mondo della
scuola ad aggiornarsi per poter affrontare adeguatamente le nuove sfide
educative che gli vengono poste.
Nella nostra scuola
abbiamo avviato due percorsi di collaborazione con l’Università “G. d’Annunzio”
di Chieti che stanno fornendo ottimi frutti e che, ritengo, possano produrre innovazione.
Si tratta del progetto 0
-6 e della ricerca sul modello RTI.
Il primo progetto consiste
nella realizzazione di un progetto di continuità tra le operatrici dei nidi di
Chieti e le docenti delle scuola dell’infanzia del nostro istituto comprensivo.
Il progetto è stato “curato” (in maniera esperta e amorevole, in verità) dalla
prof.ssa Rosy Nardone, ricercatrice in Didattica e Pedagogia Speciale presso il
Dipartimento di Scienze Filosofiche, Pedagogiche ed Economiche. In margine al
progetto è stato tenuto anche un convegno nel corso del mese di maggio. Potete
trovare maggiori informazioni su questo progetto, che proseguirà anche nel
corrente anno scolastico, leggendo l’articolo che gli ha dedicato la rivista “Bambini
Cittadini”. Ho una grande considerazione di questa attività e la ritengo tra i più importanti del nostro Piano dell’Offerta Formativa perché credo
che troppo spesso la Scuola dell’Infanzia venga considerata solo una forma di
cura ed assistenza dei bambini senza una vera e propria funzione educativa e di
conseguenza come un semplice gradino preparatorio alla Scuola Primaria. La
continuità con il nido, invece, ritengo che aiuti a riconsiderare le dimensioni
proprie di questo fondamentale elemento del nostro sistema formativo che ha
proprio, nelle esperienze 0-6 anni, i suoi “fiori all’occhiello” che tutto il
mondo ci invidia.
Il secondo progetto (RTI
Abruzzo) riguarda la Scuola Primaria ed è anch’esso al suo secondo anno di
svolgimento. In questo caso la collaborazione è con il Dipartimento di
Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche. RTI Abruzzo, al quale partecipano,
oltre la nostra scuola, anche alcuni istituti comprensivi della provincia di
Pescara, ha come finalità quello di sperimentare modalità di identificazione e
di intervento precoce sulle difficoltà di lettura secondo, appunto, la
metodologia RTI. Anche su questo progetto è stato tenuto un convegno lo scorso
11 ottobre presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti, convegno di cui potrete trovare
qualche documentazione sul sito
dell’ateneo.
Sono due gli aspetti che mi preme di sottolineare di questo progetto. Il primo
è che prevede una stretta, strettissima collaborazione tra i docenti e i
ricercatori universitari nella preparazione dei materiali da utilizzare con i
bambini, nell’utilizzo degli stessi, nella valutazione dei risultati delle
prove di verifica. Questo consente davvero di condividere appieno tutto il
percorso di ricerca. Il secondo aspetto è costituito dalla logica stessa del
metodo RTI (Response To Intervention): non si tratta di effettuare un semplice
screening individuando e segnalando i bambini a rischio di dislessia per
avviarli ai servizi per un’eventuale diagnosi e successivo trattamento logopedico. Il progetto
prevede, piuttosto, un intervento curricolare didatticamente molto “ricco” per
tutti i bambini e, successivamente, per quelli che incontrano difficoltà, due
successivi interventi specifici di potenziamento per piccoli gruppi prima e
individualizzato poi al fine di consentire il recupero. Si tratta, in effetti,
di un sapiente utilizzo del principio didattico della speciale normalità secondo
il quale viene sempre e comunque prima l’intervento curricolare ordinario,
ricco di stimoli per tutti i bambini e solo dopo, in caso di difficoltà, l’intervento
speciale. Il progetto, che costituisce parte integrante del nostro Piano dell’Offerta
Formativa, coinvolgerà anche i bambini della Scuola dell’Infanzia rispetto alle
abilità di pre-grafismo.
Credo proprio che questi
progetti ci aiutino a costruire una scuola innovativa.
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