Ritornando sul documento “La buona
scuola” vorrei dedicare qualche riflessione al ruolo del dirigente scolastico.
In effetti il documento riconosce al
dirigente scolastico una funzione molto importante. Se ne valorizzano, infatti, le competenze connesse alla promozione
della didattica e della qualità dell’offerta formativa, attribuendogli così una
leadership educativa che appare indispensabile al conseguimento delle finalità
del Piano dell’Offerta Formativa. D’altro canto, però, si insiste molto anche
sul secondo gruppo di competenze del dirigente scolastico che concerne l’organizzazione del lavoro all’interno della scuola, la guida
del piano di miglioramento, i rapporti con il territorio, la quotidiana
gestione amministrativa e finanziaria. Si tratta di una figura che deve
rivestire perciò, allo stesso tempo, una funzione di leader ed una di manager. Si
tratta quindi di un dirigente in qualche misura “atipico” rispetto alle altre
dirigenze pubbliche perché non deve e non può limitarsi solo a far funzionare l’istituto
che dirige, ma ha anche il compito di promuovere la costruzione dell’identità
educativa della comunità scolastica.
Ed è proprio il dover far fronte a queste
due diverse componenti della propria dimensione professionale che rende, oggi,
molto difficile e faticoso il lavoro del dirigente scolastico.
Angelo Paletta, uno
dei più acuti studiosi del nostro sistema scolastico, ci ha fatto capire come
proprio lo stile di leadership del dirigente scolastico costituisca una
variabile fondamentale rispetto ai risultati di apprendimento degli alunni che,
è bene ricordarlo, rappresenta l’obiettivo primario di una scuola. Ma afferma lo
stesso studioso: “nella realtà operativa,
contingenti e più stringenti responsabilità amministrative assorbono di fatto
la maggior parte del tempo e delle energie intellettuali dei dirigenti
scolastici. Questa dimensione burocratica del lavoro del dirigente scolastico
investe una varietà frammentata di compiti e di funzioni (osservanza delle
regole poste a tutela della salute, della sicurezza, della privacy e della
trasparenza amministrativa, irrogazione di sanzioni disciplinari, rapporti con
tutti i soggetti che entrano in rapporto con la comunità scolastica, ecc.)
alcune delle quali per la gravità delle loro competenze e per la pressione
degli stakeholder, schiacciano il dirigente su routine burocratiche, talvolta
necessarie, ma con un effetto di spiazzamento rispetto ad un profilo di
leadership educativa non adeguatamente valorizzato” (Leadership, in Voci della scuola n. 6 / 2014, pag. 50).
Ma oggi, con l’accresciuta complessità
degli istituti che dirigiamo (tanti alunni, tanti plessi, tanti ordini e gradi
di scuola …) che si è venuta ad accompagnare ad una ingente diminuzione delle
risorse materiali, finanziarie ed umane, è diventato ancora più difficile e
faticoso gestire la scuola. Un esempio tra tanti: il considerevole taglio del
FIS (Fondo dell’Istituzione Scolastica) ha molto complicato la scelta e la
valorizzazione del personale incaricato del middle
management, vale a dire di quelle figure di sistema quali il collaboratore
vicario, il responsabile di plesso, la funzione strumentale, ecc. che sono
indispensabili alla gestione di una realtà complessa come quella delle attuali
istituzioni scolastiche.
Sono convinto che una forte leadership
educativa sia indispensabile alla scuola e che questa dimensione della
professionalità del dirigente scolastico non possa e non debba essere
trascurata. Come ci ha indicato qualche anno fa Thomas
Sergiovanni, richiede comunque una presenza costante, un continuo lavoro di
cura ed attenzione degli aspetti pedagogici, didattici, metodologici grazie ai
quali è possibile per il dirigente scolastico contribuire alla costruzione di
una comunità educativa. Ma per poterlo fare si è costretti a delle vere
acrobazie, a dei veri e propri tour de force per non venire risucchiati dal
continuo vortice degli adempimenti amministrativi e burocratici. E questo, vi
garantisco, rende molto faticoso il nostro lavoro.
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