Sono stati pubblicati nei
giorni scorsi i risultati dell’indagine che tutti gli anni svolge la Società Italiana di Pediatria su “Le
abitudini e gli stili di vita degli adolescenti”.
L’indagine ha interessato
un campione nazionale di 2107 ragazzi (1073 maschi – 1034 femmine) frequentanti
la classe terza della secondaria di primo grado. Del campione facevano parte
anche gli alunni di due classi del nostro istituto comprensivo per cui i dati
sono per noi particolarmente significativi.
Cosa emerge da questa
indagine?
Ormai quasi tutti i
ragazzi di quest’età (81%) utilizzano Internet tutti i giorni. Il 93% lo
utilizza attraverso lo smartphone che ha, di fatto, soppiantato il PC quale
strumento di collegamento con il web. Cosa implica tutto ciò? “La quasi totalità degli adolescenti […] ha
internet sempre a portata di mano, in qualunque momento della giornata. E
internet, salvo qualche sporadico utilizzo, vuol dire essenzialmente social network.” Attraverso l’utilizzo
massiccio del social network “… gli adolescenti,
ma oggi sempre di più tantissimi preadolescenti
alla soglia delle scuole medie, esercitano le loro sperimentazioni sociali,
talvolta intrecciate talvolta no, con la vita reale. Con tutti i rischi che
ciò comporta.”
Ma se fino a qualche tempo
fa social network voleva dire soprattutto Facebook, emerge oggi dall’indagine
che sono utilizzati massicciamente anche altri strumenti, primo fra tutti WhatsApp,
che non è solo un tool di messaggistica, ma può essere utilizzato a tutti gli effetti
come un potente "social". E WhatsApp ha superato Facebook presso gli
adolescenti. Il dato è molto preoccupante perché il controllo sulla messaggistica
di WhatsApp, da parte dei genitori, è praticamente impossibile.
I comportamenti a rischio (contatti
con sconosciuti, selfie provocanti, comunicazione di dati personali, ecc.) sono
molto presenti e, inoltre, l’utilizzo pervasivo dello smartphone in tutte le
ore del giorno ha delle conseguenze negative sulla salute.
“L’indagine
ha indagato i rischi dell’abuso, mettendo a confronto le abitudini di coloro che
frequentano più di tre social con quelle di coloro che non li frequentano o al massimo
ne frequentano uno (normalmente Facebook o WhatsApp). E i risultati mostrano
che i primi sono più inclini ad avere comportamenti a rischio, non solo sul
solo web (per esempio postare una foto provocante), ma anche nella vita reale.”
Questo dato, a mio parere, è dubbio perché potrebbe essere interpretato in maniera
esattamente opposta: forse chi rientra per altre ragioni nelle categorie a
rischio è portato ad un uso maggiore dei social network.
Nel report dell’indagine è
citata un’affermazione dello psicoterapeuta Fulvio Scaparro: ““Ben venga un cauto utilizzo dei social. Ma non
dobbiamo dimenticare che i ragazzi, a 13 anni, sono solo all’inizio della loro
vita e benché grandi esperti di tecnologia sono ancora degli sprovveduti quanto
a esperienza reale. Il punto è che hanno a disposizione strumenti potentissimi,
attraverso i quali entrano in contatto con il mondo, ma con la modesta attrezzatura
di vita di un tredicenne. Dietro la vetrina dei social possono far credere di
essere ciò che non sono, possono compensare le fragilità con l’aggressività,
atteggiarsi, distinguersi: il rapporto con se stessi può essere falsato perché sono
proiettati non sulla vita reale ma su un palcoscenico virtuale costituito da
migliaia di sconosciuti. Ma soprattutto quello che manca è il confronto con il
fallimento. La vita si impara vivendo, esponendosi al fallimento, ecco perché
dobbiamo spingere i nostri ragazzi a uscire, a fare sport, a confrontarsi con
gli altri”.
In questo blog mi sono
occupato di queste tematiche anche in altre occasioni. Mi sembra che l’importanza
e l’urgenza della situazione che i nostri ragazzi stanno vivendo ci imponga di
rafforzare il compito educativo della scuola che consiste nel fornire loro maggiori
e più potenti strumenti critici. Forse in questi ultimi anni la corsa verso la
dotazione tecnologica (reti, Lim, tablet, ecc.) ci ha fatto dimenticare e
mettere da parte quello che è la vera missione della scuola. È il momento di
riprenderci la pedagogia!
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