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venerdì 19 settembre 2014

Valutare i docenti?


Vorrei tornare sul tema della carriera dei docenti così come viene presentata nel documento “La buona scuola”.
Una premessa. Occorre, a mio parere, fare una distinzione tra i principi – guida del documento e le loro concrete modalità di realizzazione. Si tratta cioè innanzitutto di capire se tali principi sono condivisibili (tutti, alcuni, in parte, del tutto, per niente, ecc.) e, poi, ragionare su come metterli in pratica discutendo perciò sulle varie alternative e possibilità. La distinzione è fondamentale perché, altrimenti, non si capisce bene su cosa si ragiona.
Sul tema della valutazione dei docenti – che occupa gran parte del secondo capitolo del documento - suggerisco, in particolare, la lettura di due interventi: il primo di Giancarlo Cerini e il secondo di Stefano Stefanel.
In entrambi gli interventi emerge una sostanziale condivisione del principio della necessità di riconoscere il merito degli insegnanti migliori e di pensare ad una carriera fatta non di automatismi impiegatizi ma di riconoscimenti professionali.
Stefanel nel suo intervento ritiene che, comunque, il dirigente debba avere un ruolo nel processo di valutazione degli insegnanti e propone, quale base fondamentale, la reputazione del docente da individuare e apprezzare attraverso questionari da somministrare a studenti, famiglie, colleghi.
Dall’intervento di Cerini emerge, invece, una maggiore attenzione per la documentazione dei crediti connessi con la didattica.
Condivido anche io l’ispirazione di fondo del documento e, perciò, vorrei piuttosto riflettere sulle metodologie e sugli strumenti della valutazione del merito.
Credo che il pericolo maggiore in ogni proposta di valutazione degli insegnanti consista nel perdere alcune di quelle che sono le caratteristiche più importanti della professionalità docente. Ad esempio: se la logica premiale fosse centrata sulla competizione individuale allora verrebbero disincentivate la collaborazione, il lavoro in team, la collegialità. Analogamente se venissero valorizzate solo le attività al di fuori della classe (coordinamento di gruppi di lavoro, cura dei rapporti con enti esterni, ecc.) risulterebbe di scarsa significativa – ai fini della carriera - l’attività quotidiana nella classe con i ragazzi.
C’è il rischio, perciò, di innescare tra i docenti processi che potrebbero portare non ad un miglioramento ma ad un peggioramento della qualità dell’insegnamento.
Ritengo pertanto che sia necessaria una riflessione molto attenta su cosa prendere in considerazione e su come documentarlo e valutarlo. Un buon punto di partenza credo che possa essere costituito dalle esperienze che, sia pur in numero limitato, sono state svolte in passato. Tra queste mi permetto di segnalarne un paio che si sono svolte nel nostro territorio.
La prima, frutto del progetto “Scuola e cultura della valutazione”- fortemente voluto dall’allora direttore generale dell’USR Abruzzo Carlo Petracca, ha visto la realizzazione di una serie di ricerche azione sui temi della valutazione: la valutazione d’istituto, la valutazione delle competenze, la valutazione del comportamento e, appunto, la valutazione della professionalità docente. Chi scrive ha fatto parte del comitato scientifico che ha realizzato la stesura delle linee – guida per la realizzazione della ricerca – azione su questo tema che è stata condotta da una rete di scuole abruzzesi con capofila l’Istituto Comprensivo di Pianella. Al termine della ricerca è stato realizzato e sperimentato un modello di portfolio della professione docente, modello che è stato adottato, con opportune modifiche, anche per la valutazione dell’anno di prova dei docenti neo – assunti. Non mi risulta, purtroppo, che siano disponibili in rete i materiali di questo progetto.
La seconda esperienza, condotta nell’ambito del Progetto TQM Teacher and Trainig Quality Management, ha visto impegnati vari soggetti tra cui l’UNIDAV, l’USR Abruzzo, l’Udanet, l’Invalsi. Il progetto ha avuto come finalità quella di confrontare i sistemi di valutazione dell’insegnamento in vari paesi e di costruire ed utilizzare un portfolio elettronico da utilizzare come strumento per la crescita professionale dei docenti.

Non partiamo, perciò, da zero su questi temi. Una discussione seria e costruttiva, perciò, è possibile. 

2 commenti:

  1. Il documento “La buona scuola” spiega che il docente potrà dimostrare quanto vale attraverso tre tipi di crediti: didattici (la qualità dell’insegnamento), formativi (la formazione e la ricerca) e professionali (il contributo all’organizzazione scolastica). Mi sembra questo già un bel passo avanti nel definire la professionalità del docente.
    Considero prioritaria la qualità dell’insegnamento, però bisogna che noi insegnanti impariamo a documentare quello che facciamo, anche in vista di una valutazione; nella nostra quotidianità c’è tantissimo lavoro sommerso, buone prassi attivate con l’intuito e l’esperienza.
    In passato mi sono trovata a volte a partecipare a corsi di aggiornamento in cui il relatore presentava spunti e idee come grandi novità; poi però io pensavo che quelle cose le avevo già fatte. Ma… dove erano? ho imparato così nel tempo quanto sia importante lasciare una traccia, costruire un percorso e poi… regalarlo agli altri!
    Ho cominciato così a raccontare le mie esperienze su una rivista e ora su un sito di didattica e ho scoperto la bellezza della condivisione.

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    1. Credo anche io che la documentazione costituisca un elemento fondamentale della professionalità del docente. Ritengo però che siamo un po' indietro su questo tema: come si documenta? Cosa si documenta? Con quali finalità? Mi auguro che la riflessione sulla qualità dell'insegnamento porti un contributo anche alla crescita della cultura della documentazione nella scuola.

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