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venerdì 27 marzo 2020


Essere audaci: riscoprire l’essenziale


Ieri ho commentato l’articolo di Baricco sull’audacia che mi pare ci offra alcuni spunti interessanti anche a noi educatori. Oggi interviene, sempre su Repubblica, Massimo Recalcati. Nelle sue osservazioni trovo molte cose che mi aiutano a riflettere.

Recalcati ci ricorda che la paura riduce gli orizzonti ma che le esperienze traumatiche (e l’emergenza del coronavirus è un’esperienza traumatica) possono avere da parte nostra due diverse risposte: “[…] fingere di tornare a vivere come prima, come se nulla fosse accaduto, dunque misconoscere la portata catastrofica del suo evento, oppure provare a trarre dalla questa impensata potenza negativa una forza nuova. Essere audaci significa per me questo: non misconoscere il trauma, ma prenderlo come un'occasione potente di trasformazione. La psicoanalisi ne fa un caposaldo della sua pratica: la crisi più profonda può sempre rivelarsi come l'occasione straordinaria di una ripartenza”.

Una straordinaria ripartenza: passata l’emergenza sanitaria nulla sarà come prima, scuola compresa. Potrà essere peggiore o migliore, accentuare i propri difetti e limiti o valorizzare il meglio di sé che sta fornendo proprio in questi giorni con l’impegno appassionato e la riscoperta del valore del “fare scuola” della quasi totalità dei suoi operatori. Ma questo richiederà, appunto, audacia.

Ma cosa significherà essere audaci? Anche su questo, mi pare, Recalcati ci fornisce qualche preziosa indicazione, partendo dalla sua esperienza e sapienza di psicanalista.
La crisi “è la cicatrice viva che riconosciamo in tutte quelle persone che si sono trovate di fronte al rischio della loro morte o coinvolti in un lungo periodo di privazione e dolore e che resistendo e sopravvivendo non sono più riusciti a vivere come prima. Come se l'incontro con la possibilità concretissima della loro fine avesse esaltato la loro pulsione di vita. La loro necessità è divenuta quella di voler spendere tutto il tempo che restava della loro vita per l'essenziale; eliminare il superfluo, gli ingombri, l'impotenza e l'utopia astratta per coltivare la potenza vitale dell'essenziale. Questa è per me una formula dell'audacia: liberarsi dei pesi che ostacolano il dispiegamento della forza vitale e scommettere sulla potenza affermativa di questo dispiegamento. Stiamo sperimentando che è diventato possibile quello che ritenevamo impossibile. Nel male questo è avvenuto con l'epidemia. Nessuno poteva immaginare che il mondo potesse fermarsi e la morte dilagare. E nel bene? Non sono già sotto ai nostri occhi le formidabili energie creative che si sono mobilitate in risposta al trauma? Solidarietà, de-burocratizzazione, impresa, flessibilità, importanza finalmente riconosciuta alla sanità e alla scuola pubblica, ai beni comuni, eccetera”.

Eliminare il superfluo, gli ingombri, l’impotenza e l’utopia astratta per coltivare la potenza vitale dell’essenziale. Questa è la lezione che possiamo apprendere. Stiamo riscoprendo l’essenziale del fare scuola, che forse avevamo dimenticato negli ultimi tempi: il valore della comunità scolastica, il tessuto relazionale che si instaura nelle classi, il significato etico della professione docente, la grande rilevanza della scuola per le famiglie italiane, la guida sensata del dirigente, la vera funzione educativa della valutazione.

Da questo dobbiamo ripartire perché la scuola che verrà dopo il corona virus sia migliore e non peggiore di quella che abbiamo dovuto lasciare in fretta il 5 marzo.

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