Essere audaci: riscoprire l’essenziale
Ieri ho commentato l’articolo
di Baricco sull’audacia che mi pare ci offra alcuni spunti interessanti anche a
noi educatori. Oggi interviene, sempre su Repubblica, Massimo Recalcati. Nelle sue
osservazioni trovo molte cose che mi aiutano a riflettere.
Recalcati ci ricorda che la
paura riduce gli orizzonti ma che le esperienze traumatiche (e l’emergenza del
coronavirus è un’esperienza traumatica) possono avere da parte nostra due
diverse risposte: “[…] fingere di tornare a vivere come prima, come se nulla
fosse accaduto, dunque misconoscere la portata catastrofica del suo evento,
oppure provare a trarre dalla questa impensata potenza negativa una forza nuova.
Essere audaci
significa per me questo: non misconoscere il trauma, ma prenderlo come
un'occasione potente di trasformazione. La
psicoanalisi ne fa un caposaldo della sua pratica: la crisi più profonda può sempre rivelarsi come l'occasione straordinaria
di una ripartenza”.
Una straordinaria ripartenza:
passata l’emergenza sanitaria nulla sarà come prima, scuola compresa. Potrà
essere peggiore o migliore, accentuare i propri difetti e limiti o valorizzare
il meglio di sé che sta fornendo proprio in questi giorni con l’impegno
appassionato e la riscoperta del valore del “fare scuola” della quasi totalità
dei suoi operatori. Ma questo richiederà, appunto, audacia.
Ma cosa significherà essere
audaci? Anche su questo, mi pare, Recalcati ci fornisce qualche preziosa
indicazione, partendo dalla sua esperienza e sapienza di psicanalista.
La crisi “è la cicatrice
viva che riconosciamo in tutte quelle persone che si sono trovate di fronte al
rischio della loro morte o coinvolti in un lungo periodo di privazione e dolore
e che resistendo e sopravvivendo non sono più riusciti a vivere come prima.
Come se l'incontro con la possibilità concretissima della loro fine avesse
esaltato la loro pulsione di vita. La loro necessità è divenuta quella di voler
spendere tutto il tempo che restava della loro vita per l'essenziale; eliminare
il superfluo, gli ingombri, l'impotenza e l'utopia astratta per coltivare la
potenza vitale dell'essenziale. Questa è per me una formula dell'audacia: liberarsi
dei pesi che ostacolano il dispiegamento della forza vitale e scommettere sulla
potenza affermativa di questo dispiegamento. Stiamo sperimentando che è
diventato possibile quello che ritenevamo impossibile. Nel male questo è
avvenuto con l'epidemia. Nessuno poteva immaginare che il mondo potesse
fermarsi e la morte dilagare. E nel bene? Non sono già sotto ai nostri occhi le
formidabili energie creative che si sono mobilitate in risposta al trauma? Solidarietà,
de-burocratizzazione, impresa, flessibilità, importanza finalmente riconosciuta
alla sanità e alla scuola pubblica, ai beni comuni, eccetera”.
Eliminare il superfluo, gli
ingombri, l’impotenza e l’utopia astratta per coltivare la potenza vitale dell’essenziale.
Questa è la lezione che possiamo apprendere. Stiamo riscoprendo l’essenziale
del fare scuola, che forse avevamo dimenticato negli ultimi tempi: il valore della
comunità scolastica, il tessuto relazionale che si instaura nelle classi, il
significato etico della professione docente, la grande rilevanza della scuola
per le famiglie italiane, la guida sensata del dirigente, la vera funzione educativa
della valutazione.
Da questo dobbiamo ripartire
perché la scuola che verrà dopo il corona virus sia migliore e non peggiore di
quella che abbiamo dovuto lasciare in fretta il 5 marzo.
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