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domenica 29 marzo 2020


Tre cose diverse sul senso di fare scuola in tempo di Covid-19


Tre cose molto diverse tra loro ma legate da uno stesso filo conduttore sul quale sto riflettendo molto in questi giorni.
La prima è un’accorata lettera – che circola sul web - di una mamma che di mestiere fa l’anestesista rianimatore e che si trova in prima linea, in un ospedale lombardo, nella lotta al Covid-19. Ringrazia i docenti e chiede loro aiuto: i ragazzi, in questo momento, hanno bisogno come mai di punti di riferimento, di qualcuno che li aiuti. Sono smarriti e preoccupati, incerti sul futuro; molti di loro devono anche elaborare il lutto della malattia e della perdita di una persona cara. La lettera ci chiede di svolgere il nostro intervento educativo non solo in termini di didattica ma anche e soprattutto nel senso più ampio di riferimento, guida e formazione di individui adulti.
Voi siete i punti di riferimento in un momento di profonda incertezza sul futuro. Con il vostro esserci attivamente attraverso il coinvolgimento, la discussione, l’analisi della situazione, la comprensione, il conforto, il supporto, potete favorire quel senso di continuità e sicurezza così necessario in adolescenza.
Ci richiede un compito difficile ma decisivo per il futuro che aspetta la nostra società: quando questa terribile tragedia che si sta consumando sarà finita, quando si rientrerà alla cosiddetta normalità, i vostri studenti ritorneranno da voi. Ma non saranno gli stessi di prima. Voi sarete fondamentali nell'assisterli nella loro ripresa, fondamentali nell'aiutarli a mantenere la fiducia in loro stessi, a superare le loro angosce, a riparare le loro ferite. Sarete più che mai fondamentali nel compito di continuare a formare adulti solidi.
La seconda è costituita da un bellissimo intervento di due docenti del nostro Istituto Comprensivo n. 4 di Chieti, la prof.ssa Di Cristofaro e la prof. Romagnoli. Il loro intervento nasce dalla consapevolezza 
di dover fare ben altro che semplicemente “tecnologizzare” la nostra didattica e far sentire la nostra presenza ai ragazzi in termini puramente istituzionali. la didattica a distanza non può, e non deve, rappresentare il paradigma di un’asettica assegnazione di compiti e consegne e del loro svolgimento da parte di ragazzi che si sono visti all'improvviso sottrarre ciò che sostanzia davvero la scuola: un’esperienza prima di tutto umana, fatta di sguardi, contatto, empatia tra tutti coloro che, seppur con ruoli diversi, partecipano al dialogo educativo. In questo momento la scuola viene chiamata come non mai a proporsi ai nostri ragazzi come un punto fermo a cui aggrapparsi, e noi insegnanti si diventa il veicolo e il tramite di questa presenza, che per molti di loro rappresenta anche l’ancora di un riscatto familiare, più ampiamente, sociale… E chiudono nel ritenere che occorra sostanziare oggi la professionalità docente di quel giusto equilibrio, spesso molto difficile da trovare, tra la trasmissione dei contenuti e quella “leggerezza” e apertura mentale che ci permetta di dare sempre la priorità al rispetto delle attitudini dei ragazzi, ai loro tempi di apprendimento, ma soprattutto in questo momento, alle loro incertezze, ansie e timori.
È evidente la consonanza con la lettera della mamma anestesista.

La terza cosa è un articolo di Umberto Galimberti apparso sul L’Espresso di questa settimana: Chiusi in casa. Approfittiamone per parlare di più con i nostri figli e aprire un dialogo interiore con noi stessi. Galimberti è già intervenuto su questi temi (su You Tube si può vedere un suo video dedicato a questa tematica). Qui, però, aggiunge alcune considerazioni molto interessanti per chi ha un compito educativo. La prima: dire, nei modi giusti, la verità. Nella vita oltre che il bene c’è anche il male, oltre la gioia c’è anche il dolore, oltre la vita c’è anche la morte. Dovranno avere strumenti che consentano loro di essere in grado di difendersi quando da adulti incontreranno il dolore e la sofferenza. La seconda: leggere assieme a loro i libri di narrativa, perché da essi si apprendono i sentimenti che, a differenza delle pulsioni che ci sono date per natura, sono un’elaborazione culturale. Se si conosce la natura di un sentimento, quando veniamo attaccati dal dolore e dallo sgomento come in questo periodo, siamo in grado di dargli un nome e elaborare una mappa per uscirne. E la grande letteratura è maestra nello spiegare ed insegnare i sentimenti. 

Punti di riferimento umani e culturali, relazioni e sentimenti: elementi forti per comprendere il senso educativo del nostro fare scuola nell'emergenza.

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