Una scuola slow
Mi segnala Romina, preziosissima
collaboratrice di San Giovanni Teatino, un articolo di Raffaele Iosa: Buona settimana slow, amata scuola della vicinanza.
Raffaele Iosa è un nostro caro amico, è
venuto spesso da noi qui a Chieti e ci ha sempre regalato sapere e passione per
la scuola.
Non si smentisce certo in questo suo
intervento.
L’emergenza e la virtualità ci obbligano a ripensare criticamente alle
nostre tradizionali didattiche, altrimenti possono diventare solo noiose e
trite lezioni. Forse questa fase avrà l’effetto che dopo, tornati a scuola, si
sia migliori. Miracolo dei momenti di crisi.
Mi piacerebbe che la “scoperta” della didattica virtuale
come risposta all’emergenza diventasse anche una ri-scoperta (al ritorno in
classe) di un attivismo didattico e pedagogico che in questi anni
è andato perduto per modelli quantitativi di apprendimenti direttivi,
precocismi, schede su schede e lezioni frontali a tutto spiano.
Fornisce anche un po' di indicazioni - preziosissime:
- Create eventi didattici fatti in modo che i
ragazzi vi facciano domande, non invece in cui si chiedono risposte. Cioè una didattica interattiva della ricerca comune non del travaso
di saperi. Il momento è questo: una comunità in cammino non un gregge
controllato dal cane pastore.
- Fateli parlare tra di loro. Scambiarsi stati d’animo, ma anche ironia, tristezza, gioia di
vedersi, scambio di cosa si è imparato da questo evento. Non è difficile,
lo facciamo anche noi con i nostri amici e parenti quando li chiamiamo per
sapere come stanno.
- Rompete lo schema tayloristico di una materia
dopo l’altra, mettetevi d’accordo tra di voi per non sovrapporvi l’uno con
l’altro a riempire i ragazzi di troppi compiti. È ora di azioni più multidisciplinari possibili, quanto meno di
una relazione pensata tra diverse discipline.
- Tenete fuori il più possibile i genitori. Non per cattiveria e neppure perché anche loro sono affaticati,
ma perché babbo e mamma sono utili magari ad aprire le macchine, ma le
attività nelle classi virtuali possibili sono buone se i ragazzi si
sentono liberi e capaci di autonomia, altrimenti creiamo nuove inutili
dipendenze.
- Valutate sempre, ma non come rito stanco della
scuola dei voti (quante chiacchiere su questo tema). I
ragazzi hanno bisogno di sapere come va, di fare domande su se stessi,
come sul mondo. La didattica della vicinanza aiuta a creare belle
strategie di autovalutazione. Non preoccupatevi della pagelle, alimentate
tra di voi e loro la valutazione formativa, che valuta sia loro che voi,
perché tutti in questa nuova esperienza didattica stiamo imparando, e
anche i ragazzi ci insegnano. Avrete tempo dopo di fare una sintesi
numerica complessiva, ma adesso conta il rinforzo non il giudizio, la
scoperta dell’errore come leva per migliorare non il suo stigma numerico,
la differenza di performances come valore non come scala.
- Cercate insomma di fare una scuola slow, non solo più lenta ma anche più profonda, gustosa, che non riempia per forza di immagini, video, scritti, ma solo quelli giustamente necessari. Il resto se lo cerchino loro, da soli.
Attenzione a chi non ce la fa
Vedo ancora molte difficoltà nei confronti dei ragazzi con disabilità e di
quelli che non hanno a casa supporti informatici sufficienti. Sarebbe
paradossale e vergognoso che l’emergenza facesse male a chi ha più bisogno.
Dunque
- Per i nostri ragazzini con disabilità: non è questione solo degli insegnanti di sostegno, non
lasciateli nell’isolamento, create eventi dove siano tutti presenti e
coinvolti, qualche roba di individuale può anche andar bene, ma questo è
il momento della cooperazione tra ragazzi dove tutti aiutano tutti. Guai
alla formazione di aule virtuali h. Ne fanno già troppe e scuola.
- Per i ragazzini in difficoltà economiche e senza
strumenti: cercate tutti i modi di procurarveli,
anche con le collette, nessuna scuola è giustificata a rassegnarsi.
Chiamate il sindaco, il parroco, il volontariato, i ricchi pieni di
rimorsi per le evasioni fiscali del passato (se ce ne sono). O ci salviamo
insieme o siamo tutti perduti.
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